La Repubblica, 16 dic, New York, Angelo Aquaro –
Quando, pochi giorni fa, i signori di Sotheby’s hanno fatto i conti dell’ultima asta, neppure Tobias Meyer riusciva a credere ai propri occhi. Se volete capire che cosa succede nel mondo dell’arte, Tobias è il vostro uomo: da vent’anni nella maison, sempre ai vertici da Londra a New York, Meyer èí3responsabile internazionale per tutta l’arte contemporanea. I suoi ragionieri gli avevano presentato il solito pronostico: da 192 a 270 milioni avevano calcolato la possibilità di raccoltà. E invece quella collezione che sbandierava Francis Bacon e Gerhard Richter ha totalizzato, alla fine, la bellezza di 318,5 milioni di dollari.
Al di là di ogni previsione» sorride ora Tobias. E certo: la più grande vendita dall’inizio della recessione. Domanda: mavisto che la recessione non sembra finita, anzi, com’è possibile che l’arte contemporanea continui a vendere a prezzi cosl folli? Il Wall StreetJournal ha dedicato un intero inserto a spiegare al suo pubblico, piùavvezzo alle azioni che ai chiaroscuri, che cosavale la pena comprare e cosa no. E Newsweek ha realizzato una lunga inchiesta sulle follie dei prezzi. Il rombo blu sul rettangolo bianco di Ellsworth Kelly acquistato per 1,5 milioni. Il gabinetto medico di Damien Hirst venduto per 2,5 milioni di dollari. Proprio il funambolico inglese sembra riassumere in sé lo spirito del tempo.
Malgrado l’avviso contrario dei suoi stessi rappresentanti, all’alba del 2008, negli stessi giorni in cui il crollo di Lehman Brothers segnava l’inizio della fine per Wall Street, Mister Hirst raccolse all’asta di Sotheby’s 200,7 milioni di dollari, mettendo in vendita 223 pezzi pregiati, per giunta riveriti da una folla di 21mila visitatori. E tre anni dopo è sempre lui ad annunciare al New York Times un grande ritorno: al genere che aveva dichiarato estinto, quellapitturain cui i suoi pois sono un marchio di fabbrica, e soprattutto al mercato – imbarcandosi in un giro del mondo attraverso le 11 gallerie del suo sponsor Gagosian, con opere valutate dai 100mila ai 2 milioni di dollari. Insomma in momenti di crisi l’arte sembra diventata, al contrario, un “bene rifugio” – naturalmente per chi se lo può permettere, spiega Jim Halperin della Heritage Auction Galle-ries: «Diversificazione dell’investimento».
Dice però il sito francese Artprice.org che il mercato nell’ultimo anno è cresciuto addirittura del 34 per cento: totalizzando 5,8 miliardi di dollari. Davvero solo una questione di investimento? Charlie Saatchie, il grande collezionista e gallerista, parla provocatoriamente di follia: accusando tanti amatori di non conoscere l’arte abbastanza. E certo i “nuovi ricchi” sono stati la benzina sul mercato degli ultimi anni: bruciato appunto da russi e cinesi. Ma questo è soltanto uno dei cinque fattori elencati da Blake Gopnik, il critico d’arte del Washington Post. Gli altri? Il primo è il prestigio, l’eccitazione che proviamo a possedere un bene veramente costoso – e che ha portato Ernst Beyeler, il cofondatore di Art Basel, la fiera di Miami, a sentenziare cinicamente: se qualcosa non vende, io raddoppio il prezzo.
Il secondo è conseguente: la quotazione è più facile da apprezzare della bellezza e dunque “più costoso-più bello” è il sillogismo che innesca la spirale. Punto terzo: l’ebbrezza della caccia – impossessarsi di qualcosa di valore scatena quella competizione che fa impennare, ancora, i prezzi. Infine l’aura culturale che da ogni acquisto d’arte consegue: uno può comperare una flotta di Bentley o mezza Fiat – ma solo comprando arte assurge a quel ruolo di “patronaggio” culturalmente riverito. La bolla dunque non scoppierà mai? Perla verità l’ottimismoè messo a dura prova da due novità.
La recessione che non passa comincia a farsi sentire anche dalla Cina al resto del mondo che finora cresceva: e i nuovi ricchi tendono a riporre il portafoglio. E poi ci sono i soliti furbi. Il collezionista Pierre Lagrange ha fatto causa alla storica Knoedler Gallery di New York per avergli venduto un Pollock falso. La galleria ha chiuso dopo 150 gloriosissimi (finora) anni. E i curatori sono coinvolti nella più grande truffa dell’arte su cui indaga l’Fbi. Gli esperti già temono dunque un nuovo fattore: quell’effetto-sfiducia così deleterio in ogni mercato. Anche il buon Tobias è avvisato: la festa della sua Sotheby’s può restare -appunto – il punto più alto. Che neppure la casa d’astepiùfamosa del mondo riuscirà più a battere
IL PREZZO DELL’ARTE (CONTEMPORANEA)
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