A Santa Maria in Tiberina (PG) un interessante incontro su Guido Reni ed il Cardinal del Monte

Redazione EosArte · October 29, 2009

 La piccola chiesa parrocchiale interamente gremita. Il Cardinal del Monte ed il “Divino Guido”, titolo dell’incontro. Fuori banchi con prodotti di artigianato ed enogastronomia. Aria sopraffina, quasi 700 metri, panorama splendido. Così un piccolo comune di 1250 abitanti  per il terzo anno consecutivo si è addentrato con successo lungo il filo conduttore della storia dell’arte che si lega al suo territorio, richiamando appassionati e collezionisti per un incontro che luoghi ben più noti sarebbero molto felici di  ospitare. Bella e da valorizzare l’Italia di questi piccoli comuni, grande patrimonio diffuso da scoprire. Con piacevole senso di ospitalità e buone relazioni dei promotori, Santa Maria in Tiberina ha realizzato ancora un significativo incontro culturale all’interno della Festa d’Autunno.         Forti della cognizione di essere stato nel XVII secolo feudo del Cardinal Francesco Bourbon del Monte, detto, appunto, di Santa Maria, vale a dire il’ talent scout’, nonché splendido mecenate, del giovane Michelangelo da Caravaggio, l’amministrazione comunale, opportunamente consigliata Massimo Gazzarri, ha ritenuto di dedicare a lui e alla sua figura, tra le ultime di stampo umanistico, i suddetti incontri. Francesco Bourbon del Monte fu anche un gaudente e amante della vita e delle belle donne e teneva una piccola corte, dapprima nella propria residenza diplomatica, quindi nel personale palazzo a Ripetta (distrutto per la costruzione dei muraglioni del Tevere). Questi, infatti, era subentrato nel collegio cardinalizio romano al cardinale Ferdinando de’ Medici, il quale aveva dovuto abbandonare la porpora per assumere la più laica investitura di Granduca di Toscana, morti tutti i quattro precedenti fratelli pretendenti. Il del Monte era così divenuto suo ambasciatore presso la corte papale oltrechè amministratore di tutti i beni, in particolare, immobili (Palazzo Madama, Villa Medici, Villa Madama, etc.), mentre la sua residenza era il cosidetto Palazzo Medici, o di Firenze, nell’omonima piazza in Campo Marzio, sede attuale della Dante Alighieri. E ancora, il Cardinale rivestiva importanti cariche all’interno della curia pontificia: doveva occuparsi (col cardinal Pietro Aldobrandini) della riforma del ” Canto Fermo” e della musica liturgica (pertanto in rapporto col coro della Cappella Sistina). Da lui dipendevano altre, numerose istituzioni, politiche e di carità. Il suo prestigio era sostenuto da illustri parentele (ivi compresa quella coi Borboni di Francia, donde l’appartenenza al partito filofrancese). Un uomo che dai ritratti ci appare bello e affascinante, cui i mezzi non mancavano, sicchè collezionò arredi di qualità (Vaso Portland), strumenti musicali (amava suonare e cantare, aveva scoperto alcuni importanti musicisti e cantori dell’epoca), nonché raccogliere quadri, sculture e opere d’arte in genere. Non aveva particolare trasporto per la pittura dei secoli passati, anche se i suoi inventari non sono privi di opere del XV e XVI secolo, nondimeno la sua predilezione andava all’arte contemporanea, donde il gusto della scoperta di personalità emergenti, oltre Caravaggio, Antiveduto Grammatica,Simon Vouet, Battistello Caracciolo, Andrea Sacchi, etc., fino a Terenzio da Urbino, un seguace del Barocci, meno interessante degli altri, ma abile copista e divulgatore. La prima conversazione in Santa Maria in Tiberina era stata tenuta da Maurizio Marini, storico dell’arte specialista della pittura del Seicento, e in particolare del Caravaggio. Il suo intervento del 2007 era stato quello d’esordio, con “Due temperamenti a confronto: Il Cardinal del Monte e Caravaggio”, il brillante cardinale e l’austero pittore lombardo, nutrito nella fede rigoristica dell’ambiente borromeo milanese. Mentre il secondo nel 2008, aveva coinvolto il proseguo dei beni delmontiani, partendo dall’unica superficie dipinta su muro dal Caravaggio, nel gabinetto alchemico del Cardinale (il quale si occupava anche di questo), nella sua villa pinciana, poi pervenuta ai Boncompagni-Ludovisi, i quali avevano affidato le altre parti del Casino (detto poi dell’Aurora) al pittore di famiglia, il Guercino. La “lectura” si era avvalsa della presenza di un autografo del pittore bolognese, “Giuditta e Oloferne”, in prestito da privati. Nondimeno, per maggiore capienza, l’incontro si era spostato dalla Sala Comunale alla Parrocchiale, avvalendosi della prolusione di Maurizio Marini sul Guercino e la sua opera romana, in particolare negli ambienti che erano stati di del Monte, quindi della d.ssa Federica Gasparrini, storica dell’arte, che aveva focalizzato il ruolo del Guercino nel contesto romano, tra i seguaci del Caravaggio e l’esigenza di un approfondimento cromatico qual’era perseguito dalla scuola bolognese carraccesca, della quale faceva parte. Alla d.ssa Giorgia Zatti il compito d’illustrare la Giuditta in mostra nel contesto biografico del pittore. L’incontro del 24 ottobre di quest’anno ha avuto come argomento i rapporti del cardinale con un altro bolognese, ben presente nelle raccolte: “Il Cardinal del Monte e il divino Guido - note sul collezionismo”.   Alla conversazione, anche stavolta, sono stati abbinati dei dipinti originali: un “Ecce Homo”;  una “Lucrezia”; una “Santa Cecilia” (che forse era stata del Cardinale) e una “Vergine assunta”, tutti appartenenti a collezioni private. Una occasione unica, posta in atto grazie ai buoni auspici dell’Amministrazione comunale, e gli opportuni consigli di Massimo Gazzarri, Antonio Vignali e dell’avvocato imolese Fabio Vignini che è da augurarsi, dato il successo, non sia irripetibile. Infatti, la qualità del convegno si è avvalsa di ulteriori, illustri,presenze, oltre a quella del relatore decano, Maurizio Marini, della d.ssa Federica Gasparrini e del prof. Emilio Negro. Il primo ha evidenziato le relazioni intercorrenti tra il Caravaggio e il giovane Reni a Roma. I due, peraltro, non si sono mai incontrati, il loro dualismo è frutto delle dispute teoriche all’interno delle accademie seicentesche, mentre la Gasparrini ha illustrato l’opera romana del bolognese letta all’interno della Retorica Sacra della Riforma Cattolica. La conclusione del prof. Emilio Negro ha restituito al Reni e ai Carracci (suoi maestri) la dimensione storico-culturale qual’è dispersa nell’equivoca suddivisione regionalistica post-unitaria che ha inventato l’Emilia Romagna. In realtà l’una e l’altra esprimono nella Storia e nella Cultura valenze difformi. Le fonti storiche e quelle filologiche “anteriori” al 1861 parlano di Lombardia e il colore dell’Accademia dei Carracci che ha nutrito il Reni è lombardo. In tal senso anche Marini, ha confermato il dissacrante equivoco post-unitario che chiama territori lombardi quelli di Bergamo e Brescia che, fin’allora erano stati parte integrante della Repubblica Veneta: “Venezia de tera” ! Giovanni Battista Moroni e Moretto da Brescia, reputati capisaldi cinquecenteschi della rivoluzione della pittura lombarda in chiave cromatico-naturalistica, quindi precursori del lombardo Caravaggio, andranno confermati nel loro ruolo storico, ma dalla prospettiva del cromatismo veneziano di Tiziano. Infine, lo stesso Negro ha proposto di approfondire nei prossimi incontri gli studi fino allo sviluppo del convegno di Santa Maria in Tiberina in una ciclica occasione di mostre e dibattiti. Il primo sentore se ne è avuto già questo 24 ottobre con la colta presenza dei prof. Carofano e Pagliaga dell’Università di Siena, i quali hanno condiviso, coi relatori, la proposta del prof. Negro, affiancato dalla prof. Nicosetta Rojo.

Cena di chiusura fra collezionisti, storici dell’arte, antiquari, giornalisti e artisti. Da ripetere.

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