Al Macro di Roma l’estate inizia con Neon - La materia luminosa dell’arte.

Redazione EosArte · June 22, 2012

 di Lucrezia Alessia Ricciardi      foto di Giuseppe Di Bartolomeo.

La Luce è arte. Ne è la parte fondamentale, ne è il cuore pulsante. Se da sempre i pittori e i fotografi, hanno cercato di fermarla sulla tela o sulla pellicola, in tempi più moderni alcuni artisti sono riusciti a trattenerla in tubi fluorescenti che chiamiamo neon. Neon è anche il titolo della mostra che si è inauguarata al Macro di Roma il 21 giugno e che vede più di 50 artisti protagonisti “invasori” del museo. La luce, compressa nelle installazioni, occupa non solo la grande Sala Enel - che giustamente ne è partner per festeggiare anche i 50anni di attività -  ma tutto il museo: dall’ingresso al Foyer, allo spazio Area finendo nelle passerelle del primo livello. Tutto è luce. Tutto si sposa benissimo con l’architettura rossa e nera del museo, opera, ricordiamo, dell’architetto francese Odile Decq.

Presente alla conferenza di presentazione la Decq appare orgogliosa come una madre che vede il figlio realizzato: il museo effettivamente funziona, non ha tradito il suo intento di aprirsi alla città, di rendersi parte della vita del quartiere. Ed è così. La gente lo frequenta, i visitatori ci sono, le iniziative anche. Il museo è vivo, anche grazie alla Fondazione Macroamici.

Neon - La materia luminosa dell’arte è un po’ anche un simbolo di questa vita che lo pervade. Nasce da una mostra conclusa appena a maggio a La Maison Rouge di Parigi a cura di David Rosemberg che rivede la luce (perdonate il gioco di parole) al Macro con le dovute correzioni e adattamenti sia stilistici sia degli spazi. Così si viene accolti subito dai grandi 12 no colorati dell’artista Stefan Brüggerman, e dalla freccia di Bertrand Lavier, per poi passare alle insegne luminose della sala Enel che presenta subito il suo nuovo look. Pareti mobili che si spostano e che dividono il grandissimo spazio. Il Ludoscopio di Paolo Scirpa affascina, la scritta “neon” di Joseph Kosuth dà un po’ il titolo e la connotazione a tutte le opere che ripercorrono fino ai tempi più recenti - Andrea Nacciarriti, Moataz Nasr con i versi di Ibn Arabi, Alfredo Jaar con M’illumino d’immenso - la storia dell’arte attraverso la luce.

Dopo la luce, la grande Sala Bianca ospita le opere di Claudio Cintoli, morto precocemente nel 1978. Mostra a cura di Ludovico Pratesi e Daniela Ferraria - curatori anche di “Incidenti Onirici”, retrospettiva del 2010 - ripercorre la vita e l’arte di Cintoli, artista eclettico che sperimentò moltissime forme di comunicazione artistica, dai primi dipinti figurativi e informali (molto vicini a quelli di Burri) degli anni ‘50, passando alla tematica del nido, delle corde e dei materiali poveri, fino alle performance degli anni ‘70 che lo avvicinano molto a Gina Pane e Marina Abramovìc e all’azionismo viennese con richiami alle performance orgiastiche di Nitsch, specie nelle 14 fotografie di Aceldama (o Akeldamach, campo di sangue, terreno che Giuda comprò coi 30 denari, Matteo 27, 3-10) dove l’autore avvicina il viso al sesso di una donna con le mestruazioni. Tematica forse sconvolgente per qualcuno (tanto che l’allestimento prevede una sezione nascosta con avviso ai visitatori del possibile “turbamento”) ma che è quasi un testamento dell’artista che muore di emorragia celebrale poco dopo l’esposizione delle foto nel ‘77. L’esplulsione dell’ovulo, la donna sterile ma che da lì a poco sarà di nuovo pronta ad ospitare la vita.

Cintoli fu un artista molto particolare, dalla creazione del suo alter ego Marcanciel Stuprò, che esprime tutto il suo atteggiamento libertario e ironico, a cui Cintoli plasma un’identità precisa, che firma lettere e telegrammi che gingono a Calvesi e Argan, irriverenti e spregiudicate fino alla tematica dell’uovo,ricerca filosofica che porta avanti con delle mostre che portano il nome sia del suo alter ego che il suo. Navigra fra i linguaggi, senza mai sentirsi in colpa per aver “cambiato”, sempre fedele a se stesso e al suo pensiero a cui riusciva a dare una forma. Esposti in questa occasione sono anche i documenti delle realizzazioni murarie - per esempio il murales del Piper - e i Diari, 13 quaderni di parole e disegni che sono una guida imprenscindibile all’opera dell’artista. Infine Gregorio Botta e la sia delicata arte di riflessi e di acqua. Studiata per la Projct Room 2, l’acqua è la protagonista incontrasta col suo leggero scorrere come note d’una sinfonia in queste case metalliche sospese disposte sulle pareti, sono Lari, custodi di memorie e di luce, sinfonie leggere. Delicatezza e purezza, silenzio e stupore. Un’opera delicata di intensa bellezza. Info: Neon - La Materia luminosa dell’arte A cura di David Rosemberg e Bartolomeo Pietromarchi 21 giugno - 4 novembre 2012 Claudio Cintoli - L’immagine è un bisogno di confine A cura di Ludovico Pratesi e Daniela Ferraria 21 giugno - 2 settembre 2012 Sala Bianca Gregorio Botta - Rifugi Mostra presentata da Guglielmo Gigliotti 21 giugno - 2 settembre 2012 Project Room 2 Macro Via Nizza 138 - Roma www.museomacro.org

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