di Rossana Calbi - Inaugura la nuova sede in della galleria Mondo Bizzarro il più completo tra gli artisti del suo entourage: Saturno Buttò. Blood Is My Favourite Colour è in mostra fino al 4 settembre, con un finissage che si prospetta un tributo all’arte dell’artista reduce dalla partecipazione dello scorso anno alla Biennale di Venezia. Dario Morgante, il direttore della galleria, ci anticipa che nella performance di Sylvia Di Ianni dell‘1 settembre, si verserà del sangue, del resto se il colore preferito di Buttò è il sangue, è plausibile che ne faccia uso per osannare la sua produzione artistica. Il nuovo spazio di Mondo Bizzarro si affaccia su strada con un piccolo corridoio e si apre come un utero fecondo di bellezza, entrarci dentro è esaltante. Gli oli su legno del maestro Buttò spiccano sul bianco delle pareti fresche di pittura, i colori sono vividi e netti, eppure i tratti dei volti sono delicati anche quando le bocche sono dischiuse per richiamare o per ansimare un piacere dimenticato e vissuto in modo contorto. Il sangue per Buttò è veicolo di piacere e di dolore e nella sua produzione artistica le due sensazioni sono correlate, l’una l’immagine speculare dell’altra.
Lo sguardo è attratto dal rosso peccaminoso ed è confuso con i simboli religiosi come se la loro natura fosse la stessa. Nelle vene scorre il simbolo stesso della vita, che è creazione e morte nel suo stesso incedere, uno dei più importanti artisti figurativi italiani contemporanei lo rappresenta per quello che è, semplice e pura vita. Nei lavori del maestro veneto al sangue-vita si lega la rappresentazione delle donne. Una femminilità variegata e diversa: infantile, provocante, semplice e contorta. L’artista non osserva, interpreta la femminilità e la rappresenta come la vita stessa. “Le ragazze mostrano il ventre, “fabbrica” divina, in cui procreare è il paradiso, godere è inferno.” Spiega Valeria Arnaldi nella sua presentazione critica del catalogo della mostra. La donna come culla del piacere e della vita stessa, la donna come il sangue, calda, dolce e voluttuosa, pura e macchiata dal peccato che ha in seno nella sua stessa purezza. Una femminilità molteplice che non risponde a nessuno stereotipo. Buttò rifiuta i cliché e le forme di significato chiuse e rigorose, apre con la sua pittura un mondo di citazioni che si confondono e trovano in questo tempo i richiami storici di un passato religioso confuso e ancora intorpidito. Le sue velature sono delicate sovrapposizione di colore e acqua ragia, il veleno si mescola al piacere e lo disturba o lo innalza, nella sua stessa materia pittorica c’è il bello e l’armonico e la distruzione, quindi il suo lavoro è irripetibile, per questo lontano dagli stereotipi, le antiche e fredde piastre metalliche con cui veniva impressa un’immagine. In questa pittura nulla può essere ripetuto senza che ci sa un significato da leggere o un’emozione da percepire e da toccare. La pittura di Buttò è sangue perché irripetibile e piena di significati e di significanti che ritroviamo in un passato di religiosità popolare. Questa è stata trasformata in stereotipo vuoto e ripetibile a oltranza, e l’artista vi coglie invece i valori forti e vitali, li riscopre e li reinterpreta. Così la bellezza diventa lezione vitale e dà nuova luce a ciò che credevamo di conoscere, permettendoci di vedere bagliori inaspettati.
L’Alpha e L’Omega, tutto in un corpo. Christine è un unico volto e può raccontare se stessa e la religiosità in due diversi modi, contrapposti, manichei, divergenti e ribelli. Ed è Christine I e Christine II, bionda e mora, luminosa e cupa, è sempre lei, sempre la stessa. Ma mai una riproduzione di se stessa, non il suo stereotipo, lei è sempre unica e vitale, lei può rappresentare tutto perché può essere tutto. Grazia e passione sono sullo stesso piano, l’una con la stessa attrattiva rispetto all’altra. Nel Paradiso perduto, Milton scriveva che “lunga e impervia è la strada che dall’inferno si snoda verso la luce.” Quindi, la luce si vede anche dall’inferno. “La sensualità è chiave per raggiungere il paradiso, poco conta che si tratti solo di un paradiso “a tempo”, è comunque concreto, ipotizzabile, vagheggiabile” spiega la Arnaldi. La luce negli oli di Buttò è sulla muscolatura del corpo, accende i vestiti cremisi e illumina i volti innocenti e quelli voluttuosi, è sempre la stessa luce, che nell’inferno illumina il peccatore fino a farlo diventare santo.