LA REPUBBLICA - GIORGIO LONARDI - Negli ultimi due anni il cattivo andamento dell´economia e i tagli del governo al settore hanno portato indirettamente a un calo degli investimenti privati pari al trenta per cento Eppure, prima di esultare sul “boom” della cultura nel Bel Paese bisogna fare alcune considerazione. A cominciare dal fatto che il 2009 è stato un anno talmente nero per la nostra economia che un “rimbalzo” positivo anche nel settore culturale era pressoché scontato. Se poi andiamo ad esaminare le tabelle offerte in abbondanza dalla stessa Federculture ci accorgiamo di alcuni aspetti curiosi. A cominciare dalla crescita della spesa culturale delle famiglie italiane fra il 1999 e il 2009. Ebbene, in questi dieci anni siamo passati da poco più di 50 miliardi di euro a oltre 62 miliardi con un aumento in termini assoluti del 24,3 per cento. Non c´è dubbio che 62 miliardi di euro siano un mucchio di quattrini. Tanto più che si tratta di una cifra pari al 7 per cento della spesa totale delle famiglie stesse. Il problema è che quella quota è rimasta bloccata nel corso di dieci anni, anzi appare leggermente diminuita. Nel 1999, infatti, la cultura copriva il 7,49 per cento dei consumi totali mentre nel 2009 siamo scesi al 6,9 per cento: in assoluto la percentuale più bassa del decennio. E se è vero che l´anno scorso c´è stato un incremento tuttavia restiamo di circa mezzo punto al di sotto dei livelli raggiunti dieci anni fa. E allora, siamo rimasti al palo per un intero decennio? «È del tutto evidente che il Paese» afferma il presidente di Federculture Roberto Grossi «non può fare a meno di una politica per la cultura che deve entrare a far parte delle strategie nazionali. Anche di quelle con le quali si combatte la recessione e si cerca di abbattere le inefficienze e i costi, di quelle per ribilanciare l´economia e lo sviluppo. L´Italia ha un potenziale enorme. Ma mancano un progetto per il Paese e una vera politica culturale». Insomma, meno male che le famiglie continuano a credere nella cultura. Fino al punto di affollare sempre più numerose un sito come Pompei (+11,1 per cento) nonostante i crolli avvenuti proprio durante l´anno passato. Anche perché il cattivo andamento dell´economia e i tagli alla cultura da parte del governo hanno provocato indirettamente anche un ridimensionamento dell´intervento dei privati. L´anno scorso infatti le sponsorizzazioni private si sono attestate sui 181 milioni di euro, il trenta per cento in meno del 2008. Mentre le erogazioni effettuate dalle fondazioni bancarie sono state in totale di 408 milioni di euro con una flessione del 20,5 per cento sull´anno precedente. Insomma, comunque la mettiamo sembra proprio che le protagoniste di un vero cambiamento strutturale nel rapporto con l´offerta culturale siano proprio le famiglie. Per accorgersene basta osservare con attenzione la serie storica 2000-2010 dei consumi culturali e ricreativi. Nel 2000, ad esempio, il 17,2 per cento degli italiani con più di sei anni è andato a teatro; dieci anni dopo, nel 2010, la quota è salita al 24,4 per cento: risultato record per l´intero decennio. Anche l´appeal del cinema è aumentato in modo sensibile passando dal 44,7 per cento del 2000 al 50,2 per cento dell´anno scorso; solo nel 2005 era stato raggiunto un livello di partecipazione leggeremente superiore (50,7 per cento). Un aumento apparentemente inferiore è stato accertato per i concerti di musica classica dall´8,5 per cento del 2000 al 10,7 per cento del 2010. In termini relativi, però, nel corso del decennio il pubblico dei concerti è cresciuto di oltre il 20 per cento. A segnare il passo è l´attrazione esercitata dai siti archeologici e dai monumenti che nel 2000 erano stati visitati dal 23,3 per cento della popolazione con oltre sei anni di età e che dieci anni dopo attraggono solo il 22,4 per cento degli italiani: un punto in meno. Anche se va precisato che si tratta del risultato migliore dal 2004 ad oggi. Ad ogni modo il rapporto fra gli italiani e la cultura cambia sensibilmente fra una regione e l´altra. A livello regionale, ad esempio, è il Trentino Alto Adige a primeggiare in molte classifiche. In quella del teatro, ad esempio, al primo posto troviamo la provincia di Bolzano con il 37 per cento degli abitanti che hanno seguito uno spettacolo, seguita dal Lazio (31 per cento) e dalla Lombardia (27,5 per cento). Completamente diversa l´hit-parade per il cinema, dominata dal Lazio (59,8 per cento) tallonato da un quartetto composto da Abruzzo (57,8 per cento), Toscana (57,4 per cento), Lombardia e Marche (entrambe al 54,4 per cento). Quanto alle mostre troviamo nelle due prime posizioni le provincie di Trento (45 per cento) e Bolzano (41,8 per cento), seguite dal Friuli (39,1 per cento) e dalla Valle d´Aosta (38 per cento).