Cultura dimenticata dai politici

Redazione EosArte · May 13, 2012

 IL SOLE24ORE, 11 maggio 2012 , Stefano Salis - Riportare la cultura al centro dello sviluppo strategico del Paese, proporre soluzioni concrete per ridare vigore agli investimenti ma anche un allarme che risuona in sottofondo: che la classe politica non creda davvero alla cultura come opportunità. Il convegno che ieri al Salone del Libro di Torino ha inaugurato la presenza del Sole 24 Ore (tutti i giorni alle 16, fino a domenica, in Sala Rossa) è stato incentrato, naturalmente, sul Manifesto per la cultura pubblicato lo scorso 19 febbraio e tutti gli interventi hanno esplorato, con competenza e taglio innovativo, le diverse facce della questione. A cominciare da un preoccupato, ma fermo, Andrea Carandini, presidente del Consiglio superiore dei Beni Culturali, che, stimolato dal moderatore, Armando Massarenti (responsabile del supplemento Domenica, sulle cui colonne è stato pubblicato il Manifesto), ha stilato un breve elenco delle cose da fare. «Prima di tutto - ha detto Carandini - va ribadita l’autonomia della cultura. Cultura che, oggi, in Italia, è in rovina. Qui l’idea che la cultura sia importante è matura, ma non passa. Infatti basti pensare che il Ministero dei Beni Culturali nel 2012 avrebbe fondi per 114 milioni di euro, con notevoli tagli rispetto all’anno precedente. Se pensiamo che da esso dipendono 277 centri di spesa, si scopre che per ciascuno di essi c’è un umiliante investimento di 411mila euro. E i tagli complessivi ammontano a 312 milioni di euro». Non basta. Carandini ha auspicato una fiscalità agevolata per la cultura (su questo punto si veda Il Sole 24 Ore di ieri), che «la metà dei cosiddetti rimborsi elettorali ai partiti venga destinato alla cultura e che i soldi non spesi non vengano sottratti al Ministero, per essere reimpiegati. Carandini ha poi chiuso denunciando «l’ennesimo scempio al nostro patrimonio: la discarica che si vuole costruire a Corcolle, a 750 metri da uno dei monumenti che tutto il mondo ci invidia: la Villa Adriana a Tivoli. Mi auguro che il Governo ci ripensi». La veemenza di questo appello di Carandini è stata riecheggiata dall’indignato intervento di Marco Polillo, presidente degli editori, che ha sferzato la classe politica. «Il vero problema è a monte. Qui bisogna dirselo chiaro. Il Governo non ci crede. I ministri, dopo gli interventi sul Sole 24 Ore, non hanno fatto nulla. Le risorse per la cultura, se si vuole veramente, le si trova. Noi editori ci troviamo, addirittura, a finanziare le iniziative statali, come quelle del Centro per il Libro. Gli editori sono pronti, l’Italia è quella che è grazie alla cultura, ma in troppi sembrano non accorgersene». Per Evelina Christillin, manager culturale al vertice del Teatro Stabile di Torino e del Museo Egizio e per Francesco Micheli è tempo di rivedere le strategie manageriali per gli enti culturali. «C’è una mutazione epocale - ha detto Micheli -. Non si può più pensare di gestire musei o teatri come si faceva una volta. Va reinventato un modo di amministrare le istituzioni culturali». Oltre al discorso di «una corretta e migliore locazione delle risorse», Micheli ha ricalcato il fatto che «la gestione deve essere adeguata a tempi. Le produzioni teatrali mostruose e faraoniche non ci potranno più essere». È d’accordo Christillin. «Occorre un discorso di sistema, quando le risorse vengono continuamente tagliate e senza preavviso. Al Teatro di Torino nel budget 2012 di 14 mln, ne sono stati tagliati 1,2. Questo significa mettere in crisi chi gestisce un teatro. È ora che si trovi collaborazione fra ministeri, fra assessorati e istituzioni, anche sul versante del costo del lavoro, cercando soluzioni con i sindacati creative e condivise». Per il matematico Alberto Conte, preside della Facoltà di Scienze Naturali a Torino, va posto l’accento sull’importanza della scienza come fattore di sviluppo. «Prendiamo esempio dalla Cina, che ha avuto questo eccezionale sviluppo grazie a questi investimenti. E ricordiamoci che il merito, in un momento di crisi, deve essere ancora di più il faro dell’allocazione delle risorse economiche e finanziarie per la cultura». Lo storico Sergio Luzzatto ha spiegato come «l’Università sia la grande assente nel dibattito sulla cultura» e ha ripreso la questione della scuola e del merito. A chiudere il convegno, il direttore del Sole 24 Ore, Roberto Napoletano che ha sottolineato: «Il nostro giornale non ha fatto il Manifesto per testimoniare la nostra attenzione per la cultura, ma per ottenere qualcosa. Il senso più profondo e vero di questa iniziativa è togliere l’attenzione episodica sul tema per collocarlo dove merita. Il Manifesto va fatto vivere: noi abbiamo tentato con umiltà di porre la cultura al centro dell’agenda politica del Paese». La stagione cui rifarsi, ha ricordato Napoletano, è quella di De Gasperi, che sotto le macerie fumanti della guerra, nel 1946, non perde tempo a inaugurare la Scala di Milano («perché abbiamo lavoro e cultura e da qui possiamo ripartire» diceva), o la stagione del boom economico, quando innovazione, industria, imprese illuminate, riformismo cattolico e cultura laica, tutti «hanno concorso a fare ripartire il paese». «Non cederemo - ha chiuso Napoletano -. E continueremo con gli Stati Generali della cultura che faremo prossimamente a proporre la nostra idea di vedere la cultura come motore dello sviluppo, studiando soluzioni concrete con relazioni tecniche, ponendoci in un’ottica non solo italiana, ma europea». La dimensione che compete al tema. Il Manifesto del Sole 24 Ore Sul Sole 24 Ore Domenica del 19 febbraio è stato pubblicato il manifesto in cinque punti «Per una Costituente della cultura». Eccoli: una Costituente per la cultura; strategie di lungo periodo; più cooperazione tra ministeri; arte e scienza integrate a scuola; sgravi ed equità fiscale.

  1. Una Costituente per la cultura Cultura e ricerca sono capisaldi della nostra Carta fondamentale. L’articolo 9 della Costituzione «promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». Sono temi intrecciati tra loro. Perché ciò sia chiaro, il discorso deve farsi economico. Niente cultura, niente sviluppo. “Cultura” significa educazione, ricerca, conoscenza; “sviluppo” anche tutela del paesaggio.
  2. Strategie di lungo periodo Se vogliamo ritornare a crescere, se vogliamo ricominciare a costruire un’idea di cultura sopra le macerie che somigliano a quelle su cui è nato il risveglio dell’Italia nel dopoguerra, dobbiamo pensare a un’ottica di medio-lungo periodo in cui lo sviluppo passi obbligatoriamente per la valorizzazione delle culture, puntando sulla capacità di guidare il cambiamento. Cultura e ricerca innescano l’innovazione, e creano occupazione, producono progresso e sviluppo.
  3. Cooperazione tra i ministeri Oggi si impone un radicale cambiamento di marcia. Porre la reale funzione di sviluppo della cultura al centro delle scelte del Governo, significa che strategia e scelte operative devono essere condivise dal ministro dei Beni Culturali con quello dello Sviluppo, del Welfare, della Istruzione e ricerca, degli Esteri e con il premier. Il ministero dei Beni Culturali e del paesaggio dovrebbe agire in coordinazione con quelli dell’Ambiente e del Turismo.
  4. A scuola arte e cultura scientifica L’azione pubblica contribuisca a radicare a tutti i livelli educativi, dalle elementari all’Università, lo studio dell’arte e della storia per rendere i giovani i custodi del nostro patrimonio, e per poter fare in modo che essi ne traggano alimento per il futuro. Per studio dell’arte si intende l’acquisizione di pratiche creative e non solo lo studio della storia dell’arte, con movimenti e protagonisti. Ciò non significa rinunciare alla cultura scientifica, ma anche assecondare la creatività.
  5. Merito, sgravi ed equità fiscale Una cultura del merito deve attraversare tutte le fasi educative, formando i cittadini all’accettazione di regole per la valutazione di ricercatori e progetti di studio. La complementarità fra pubblico e privato, che implica l’intervento dei privati nella gestione del patrimonio pubblico, deve divenire cultura diffusa. Provvedimenti legislativi a sostegno dei privati vanno sostenuti con adeguati sgravi fiscali: queste misure presentano anche una forma di equità fiscale. 11 maggio 2012 http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2012-05-11/cultura-dimenticata-politici-064255_PRN.shtml

Twitter, Facebook