“Sette tipi di legumi, sette tipi di verdure, sette specie di aromi, sette varietà di carni e sette tipi di pasta” recita la filastrocca, ma in realtà sono ben oltre 50 gli ingredienti di stagione…” Suggerite da Clara Giovanetti
Non credo che questo periodo storico dell’Italia possa essere accostabile ad altri. A ridosso del Primo maggio e nel giorno delle fiducie votate al Governo, dopo un periodo travagliatissimo, passato attraverso una elezione sofferta in cui la gente è stata costretta a dare un voto secondo regole grottesche forse, ma di sconfinata protesta, qualcuno ha sparato. Nelle intenzioni, forse, contro i simboli del potere. Certo pessimo raccolto dei media che stanno esacerbando il clima generale. Ma fondamentalmente perchè il lavoro sembra aver perso la sua dignità nel clima politico degli ultimi anni. E in questi ultimissimi mesi, pare essere diventata una parola oscena, provocatoria, pronunciata solo per polemizzare, per rimarcare la problematica gestione dell’intera filiera politica ed economica dell’occupazione. Correre, correre velocemente ai ripari, a restituire levità al concetto di lavoro, oltre che dignità, ma una dignità scevra d’ogni gravame politico-sociale, perchè è così il lavoro, è questo il lavoro. Libero. E basta. E allora, per una festa che è anche liberatoria , consolatoria e conviviale vi propongo una antica ricetta della mia terra, quella delle “Virtù″ . Certamente sapete che la tradizionale cucina abruzzese è molto ricca e trae le sue origini da tradizioni pastorali e marinare, e il territorio teramano, con i suoi tipicissimi piatti come le “Scrippelle” in brodo e le “Virtù″ rappresenta ancora un’isola di tradizioni storiche e culinarie che resiste ad una globalizzazione che nelle zone più costiere sta un po’ livellando gusto e tradizioni storiche. Ho voluto aggiungere tre filastrocche, leggetele ai bambini, conservate le tradizioni.
La ricetta delle “Virtù″ “Le Virtù″ è l’antico piatto che per tradizione (pare dal 1800) si prepara in occasione del Primo maggio in Abruzzo e, particolarmente, nel teramano. Esso annuncia l’arrivo della primavera e narra antiche usanze come quella di celebrare la dea Maja (da cui maggio) per propiziare la fertilità della terra e l’abbondanza del raccolto. “Sette tipi di legumi, sette tipi di verdure, sette specie di aromi, sette varietà di carni e sette tipi di pasta” recita la filastrocca, ma in realtà sono ben oltre 50 gli ingredienti di stagione della prodigiosa mistura che si può degustare solo a Teramo e solo nel Calendimaggio contadino. Fagioli di varie qualità, ceci e lenticchie, cicerchie, piselli e fave; zucchine, carote, patate, carciofi, bietole, indivia, scarola, lattuga, verza, cavolfiore, cicoria, spinaci, finocchio, rape e poi aglio, cipolla, maggiorana, salvia, timo, sedano, prezzemolo, aneto, noce moscata, chiodi di garofano, pepe o peperoncino, pipirella, menta selvatica, borragine, finocchietto selvatico, basilico. E poi arrivano: prosciutto crudo, cotiche, piedi e orecchie di maiale, carne macinata di manzo in polpettine, lardo, pancetta, guanciale; finchè, si aggiunge la pasta: di grano duro, corta, fresca all’uovo e di varie forme e dimensioni. Olio, sale, polpa di pomodoro e pecorino grattugiato (re della tavola abruzzese d’ogni cantone). Alla preparazione de “le Virtù″ partecipano ancora oggi famiglie e ristoranti selezionati in una celebrazione festosissima che coinvolge l’intera città. Il piatto elaborato esige una lunghissima preparazione (almeno due giorni) e alla base della ricetta vi sono le verdure novelle e le erbe profumate di primavera. Ma guai a chiamarlo minestrone, “le Virtù″ è un insieme di sapori e consistenze assolutamente equilibrato che ogni anno rinnova il racconto d’una civiltà antichissima, intenta a pratiche pazienti e che non sprecava nulla. Teramo, decisamente vocata alla cucina primigenia e saporita, conferma sempre l’eccellenza di questo scrigno di gusto e sapere popolare. Non esiste tuttavia un’unica ricetta del piatto. Il primo maggio, in un’esperienza conviviale e vivace, ogni famiglia, custode del segreto della ricetta, gelosamente tramandata, offre la sua versione. Nondimeno, è stata stilata da un gruppo di esperti la ricetta originale, i ristoratori che hanno il consenso di preparare la vivanda, aderiscono al Codice disciplinare che ha, giustamente, un marchio brevettato riconosciuto persino dal Ministero dell’Ambiente e delle Politiche forestali. Allora, buon appetito dal teramano, terra antica de “le Virtù″. CG
lo so i colori dei mestieri: sono bianchi i panettieri, s’alzano prima degli uccelli e han la farina nei capelli; sono neri gli spazzacamini, di sette colori, son gli imbianchini; gli operai dell’officina hanno una bella tuta azzurrina, hanno le mani sporche di grasso: i fannulloni vanno a spasso, non si sporcano nemmeno un dito, ma il loro mestiere non è pulito. G. Rodari
C’è chi semina la terra, c’è chi impara la guerra, chi ripara le auto guaste e chi sforna gnocchi e paste. C’è chi vende l’acqua e il vino, chi ripara il lavandino, c’è chi pesca nel torrente e magari prende niente. C’è chi guida il treno diretto e chi a casa rifà il letto, chi nel circo fa capriole e chi insegna nelle scuole. Cosi varia è questa vita che la storia è mai finita… M. e C. Lodi
Filastrocca di sotto in su per l’omino della gru. Sotto terra va il minatore dov’è buio a tutte l’ore; lo spazzino va nel tombino, sulla terra sta il contadino, in cima ai pali l’elettricista gode già una bella vista, il muratore va sui tetti e vede tutti piccoletti… ma più in alto, lassù lassù, c’è l’omino della gru: cielo a sinistra e cielo a destra e non gli gira mai la testa. G. Rodari