Avevo letto di sfuggita la critica un po’ pesante di Tomaso Montanari sul Guercino ritrovato, in mostra a Castel Sant’Angelo. Non conosco personalmente Montanari, ma qualche volta ho inserito i suoi articoli in rassegna stampa o spesso li ho letti, visto che è piuttosto prolifico: un vero moralizzatore, che si mette nella comoda posizione auto-assolutoria che, diciamo la verità, ultimamente rende parecchio, specialmente nella comunicazione. Qualche volta ha ragione, qualche volta alza un po’ troppo il tono e finisce a far l’effetto opposto, come in questo caso. Difatti avendo lui vivamente sconsigliato di buttare tempo e soldi per andare a vedere questa mostra, mi ha indotto a farlo. Quindi l’esatto effetto contrario, come spesso succede. Tanto che all’inizio ho pensato alle solite diatribe con cui storici, esperti a vario titolo, conoscitori veri o presunti, artisti e critici fanno bagarre in stile pseudo televisivo, alzando i toni per destare un minimo di attenzione: unico modo che troppo spesso rimane ad un popolo dell’arte sempre più ghettizzato per farsi vedere, e che ultimamente ne ha viste parecchie: dalle caricaturali chiappe dello spot che ha come protagonisti i poveri Bronzi di Riace, al presunto “vero Crocifisso di Michelangelo” ( sarebbe il N.2, quello buono) rivelato negli articoli di Franco Bechis e che sarebbe fra San Marino e gli Stati Uniti, alla diatriba sulla Visione di Ezechiele di Raffaello, “vero scoop” giornalistico, smontato ed elegantemente risolto da Strinati ad Artenews , evitando il solito effetto boomerng, ossia quello di far allontanare appassionati e collezionisti dall’arte antica per dirottarli verso quella contemporanea. Visto il dipinto, sono passato da Maurizio Marini che non è lontano da castel Sant’Angelo, e gli ho chiesto se voleva , essendo ormai decantata la faccenda, dare una risposta appropriata. Lo ha fatto e volentieri la pubblichiamo. Eccola ( Pierluigi Massimo Puglisi) Ho riflettuto a lungo se rispondere alle sguaiate note dedicate dal dr. Tommaso Montanari alla mostra curata da Federica Gasparrini e dallo scrivente in corso fino al 12 giugno prossimo, a Roma, in Castel Sant’Angelo. Come diceva un illustre storico dell’arte: la critica su un quotidiano dura un giorno, il dì seguente finisce per foderare il secchio dell’immondizia.
Ho poi optato per la presente replica, anche perché la rassegna è stato l’ultimo omaggio a Sir Denis Mahon, spentosi il giorno di Pasqua, a Londra, che del Guercino è stato il massimo conoscitore. Le sale più in alto della “Mole Adriana” accolgono un solo, grande dipinto di questo artista: il Marte furibondo trattenuto da un Amorino” che, dipinto per il barone Mario Mattei di Paganica, non fu mai consegnato, in quanto sostituito dal Guercino con una versione orizzontale, oggi nel Cincinnati Art Museum. Il compianto Sir Denis, quando Federica Gasparrini gli sottopose il ritrovamento, ebbe a confessare che, noto per i disegni preparatori e le copie incise e dipinte, l’aveva cercato per quarant’anni ed era felice del fatto che venisse finalmente esposto a Roma, dove non era mai giunto. L’dea di esibirlo a Castel Sant’Angelo era stata suggerita dalla presenza, sullo sfondo della grande tela, di una fortezza ideale che rammentava a struttura della “Mole Adriana”. Il dipinto, oltre che da quanto ricordato, era noto in particolare per la testimonianza lasciata da Carlo Cesare Malvasia, biografo del Guercino, il quale l’aveva visto, nel 1666, tra le opere invendute rimaste nella bottega bolognese del pittore. Il dr Montanari, del quale mi sovviene la mostra un po’ claudicante su ” Bernini Pittore”, qualche anno fa a Roma, in Palazzo Barberini, in cui non era facile capire chi fosse Bernini e chi il “pittore”, si scaglia, in pratica, contro il diritto allo studio: ostracismo alla fruizione di opere private tra le sacre mura di un museo pubblico (dimenticando l’origine privata di molti capolavori). Vale a dire un anatema su chi osa proporre il risultato di una lunga ricerca tra opere altrimenti disperse nei labirinti anonimi del secolare collezionismo privato (è chiaro che l’ignoranza favorisce la clandestinità!). Lo stesso dottor Montanari, espressosi con estrema superficialità e scarso senso conoscitivo della materia, parla di estese , quanto inesistenti, ridipinture sulla superficie dell’opera in mostra (e l’illuminazione favorisce eccellentemente tale analisi, anche se sommaria). Per contro sono ben leggibili i “pentimenti” in corso d’opera che ne attestano l’autografia: le copie non hanno “pentimenti”! Come detto ho esitato a lungo prima di rispondere a tanta ignoranza poiché il Montanari (come il Federici da lui menzionato) non hanno saputo distinguere tra l’originale in oggetto e una sua copia: “Lot 34 Follower of Giovanni Francesco barbieri called il Guercino Cento 1591 (?) - 1666 Bologna, Love staying the hand of war”, passata per una vendita Sotheby’s a New York nel gennaio del 2003, quindi di nuovo nel 2004. Questo ” Marte” è certamente una copia decurtata dell’originale; cm 170 x 136 della tela in mostra a Roma, contro i cm 163,2 x 117,2 del quadro Sotheby’s su cui tornerò più avanti. Anche la conduzione tecnica della due opere è alquanto difforme e lo stesso catalogo di vendita allude alla all’appiattimento della tela a causa dei reiterati rifoderi, a nuemrosi restauri e ritocchi sul volto, sulle mani e sulle gambe, nonché sul profilo, sull’armatura e sul mantello del Dio della Guerra. Il catalogo Sotheby’s segnala, inoltre, eccessi di pulitura nello sfondo (da cui il trasparire della preparazione) e ripassi nel putto, nel cannone e nel cielo, irrintracciabili nella tela appartenente a Dyonisos Art Fund, con sede in Lussemburgo. L’ineffabile acume scientifico del dr Montanari, per cui il “Marte” Sotheby’s e quello Dyonisos rinvierebbero ad una sola tela è, inoltre, clamorosamente smentito da una mostra attualmente in corso a Mosca curata da Vittoria Markova , “Pittura Italiana dal XIV al XVIII secolo nelle collezioni pèrivate di Mosca“, il che dovrebbe far rabbrividire il dr Montanari (!), ma , a tal fine concorre la tela alle pp. 68-71, “il Marte trattenuto da un Amorino” oggi in collezione privata moscovita correttamente riferito quale “Bottega di Guercino (Cesari Gennari)”, che, altri non è che la redazione passata in asta da Sotheby’s. Rimessa in buon ordine è ottimamente leggibile ed evidentemente difforme (anche tecnicamente) dal “Marte” Dyonisos.
Ho appreso dalle sue note che il dr Montanari mi gratifica dell’onore di essere il proprietario del “Guercino ritrovato”, sicchè di non essere scientificamente autorevole e completamente terzo e libero rispetto alla proprietà del dipinto. Purtoppo la sua supponenza lo spinge a vedere trame che esistono solo nel suo incapace filologismo asservito ad un massimalismo assiomatico (peraltro, come visto, superato dalla Storia). E’ con grande rammarico che mi vedo costretto a perdere tempo nella messa a fuoco di alcune precisazioni. “In primis” il Fondo Dyonisos è stato così chiamato in omaggio a Sir Denis Mahon e io ne sono soltanto, in sua vece, il “presidente onorario” (quindi nessuna proprietà che mi coinvolga); lo scopo del Fondo non è la vendita dei capolavori che costituiscono il suo capitale, pertanto la vendita è da escludere ( semmai l’acquisto !). Le raccolte contengono opere di grande pregio, non ultimo il sipario dipinto da Salvador Dalì per il “Tristano e Isotta”di Richard Wagner andato in scena al Teatro Metropolitan di New York: un telone di oltre 18 metri di larghezza che, come altri capolavori, verrà concesso per una serie di mostre itineranti internazionali: le mostre sono il fine statutario della Dyonisos e, grazie all’acume della Soprintendente al Polo Museale Romano, Rossella Vodret, e alla fortuita presenza di un ideale Castel Sant’Angelo nel capolavoro ritrovato di Guercino, costei ne ha individuato la degna sede espositiva, ivi compreso il bel documentario di Luca Verdone che illustra ampiamente le finalità dell’ Art Fund. Lussemburghese. Questo, oltretutto, si è fatto carico di ogni onere economico (ivi compresa la doppia edizione - italiana e inglese - del bel catalogo edito da De Luca, in Roma).