Juri Namjil, attualità e tradizione di una artista mongola

Redazione EosArte · June 6, 2012

 “Il mondo mongolo nella pittura di Juri Namjil” è in mostra dal 6 giugno all’interno di un evento dal nome “Art&Aperitif” organizzato presso il Roof Garden del Grand Hotel de la Minerva in Piazza della Minerva, 69 Roma. Juri Namjil nasce a Ulaanbaatar e sin dall’infanzia coltiva la passione per il disegno. Intraprende una formazione artistica presso l’Accademia di Belle Arti di Ulaanbaatar dove si forma nell’Atelier di grandi pittori mongoli quali S. Dondog, Ch. Ichinnorov, S. Dagvadorj, B. Boldbaatar e Badamsuren. Si laurea in Pittura nel 1992. Si trasferisce a Sofia frequentando, dal 1998 al 2003, l’Università “San Clemente d’Ocrida”. Lì prende parte all’organizzazione di mostre ed esposizioni nelle principali gallerie d’arte come la Lik, la Triadis e la Shipka. Nell’agosto del 2005, partecipa all’organizzazione della mostra di celebri pittori contemporanei della Mongolia, “Colours of Mongolia”, presentata a Sofia; Varsavia, Budapest e Vienna. Nel 2006, in Sardegna, prende parte alla mostra presso il Convento dei Padri Cappuccini a Sanluri che fino al 2008 dà luogo a una serie di esposizioni a Cagliari. Nel 2010 partecipa a due mostre in Mongolia, una all’Orchestra Nazionale e l’altra al Teatro dell’Opera e del Balletto. Nel 2011 partecipa, presso la Galleria dell’Unione degli Astisti Mongoli, alla mostra collettiva promossa dal professore dell’Accademia di Belle Arti di UlaanBaatar, S. Dagvadorj, con i lavori dei suoi studenti.     Accompagnare la visione pittorica di Juri Namjil e interpretare la sua produzione comporta un duplice sbilanciamento. Uno in avanti, nella direzione della nebulosa di Orione, che la Nasa ha soltanto ora documentato attraverso eccezionali scatti realizzati con la complicità dell’infrarosso. Guardate e resterete stupefatti: le stelle luminose nascoste tra nuvole, gas e materia, sembrano prese dalla tele di Juri, non fotografate da una sonda.  Il secondo sbilanciamento è all’indietro, attinge a piene mani dalla storia e dalla cultura della Mongolia, dal suo sacro permanere in una stagione del pensiero che un occidentale “schematico” definirebbe pre-socratico. Acqua, aria, terra, fuoco. Quattro segni, quattro indizi, quattro fondamenta. Proprio come ci veniva detto al Ginnasio quando arrivava, in filosofia, il turno di Anassimene e Anassimandro e quello di tutti i fisici materici che mettevano alla base dell’essere la “fusis”, facevano consistere il tutto in essa, spostando di volta in volta il baricentro sull’uno o sull’altro elemento primordiale costitutivo. Talete in testa, così appassionato di cosmo e corpi celesti.

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