Leica 24×36. Ovvero, quel che resta della fotografia.

Redazione EosArte · September 27, 2011

 di Lucrezia Alessia Ricciardi - Trovare 24 talenti, nuovi talenti (con idee nuove, con nuove immagini, nuovi modi di riportare la realtà in uno scatto) è cosa assai difficile. Imperversa su Facebook il tam-tam del “votatemi”, con link a seguito, del concorso Leica 24 x 36. Concorso indetto dalla prestigiosa marca di apparecchiature fotografiche, che cerca 24 talenti per 36 fotografie, come dice il titolo. 24 talenti che vinceranno la possibilità di scattare con una Leica X1 (per i non addetti, una delle ultime uscite in casa Leica, dal design vintage, compatta che ha un sensore CMOS degno di una reflex, obiettivo Leica Elmarit 24 mm f/2.8 ASPH che riproduce le focali del 35mm; il tutto per millecinquecentoeuro e pochi spicci). Fin qui, fantastico. Al rientro delle ferie poi ancora meglio, come non mandare la splendida foto del tramonto a Isola Capo Rizzuto, o la scimmia che beve da una bottiglietta di yogurt (o superalcolico, fa poca differenza) affidatale dal solito e sciagurato turista? La moltiplicazione del gatto nero, o il pieno controluce non bilanciato e perciò illeggibile, l’immancabile finta polaroid, mare + sole + spiaggia (quante ne volete, da tutte le angolature), il solito HDR e l’immancabile effetto Lomo (che no, non l’ha inventato quel genio perfido che ha inventato l’iPhone, è la riproduzione in digitale delle belle e imperfette macchine made in DDR), cani, rami e montagne, paesaggi Sturm und Drang, nudi che fanno sempre la loro figura. Poi scene da un matrimonio, fiori, autoritratti che sembrano le foto del profilo di Facebook e citazioni. Tante. Troppe. Che mi chiedo se hanno letto tutti le regole del Fotometro di Settimio Benedusi e sono corsi tutti a fare spesa di libri di grandi fotografi, o se sono tutti impegnati a collezionare stampe nella solita e interminabile collezione a puntate in edicola, per riproporre - anche male - foto celebri. Tanto che su Facebook è partito anche il tormentone di far vincere le più brutte (nel regolamento è bene dirlo, si fa menzione del fatto che non si baderà ai “mi piace”). Il problema, se un problema c’è, è che ci risiamo infilati in quella Termopili culturale di cosa è realmente fotografia artistica e cosa è invece il prodotto del FotoAmatore della Domenica. O delle ferie. Sarà che in ferie, l’occhio si sveglia dalla quotidianità e si scopre attivo ed è più facile raccogliere dettagli nuovi. Sarà che, come la Brownie della Kodak venduta a un misero dollaro nel 1900, le macchine fotografiche digitali hanno democratizzato la fotografia e che, come allora, ci si interroga se dividerci in chi ha la capacità tecnica e chi non ce l’ha e chi può definirsi fotografo e chi no. Al tempo ci pensarono i fotografi chiusi nei Club fotografici che diedero vita al Pittorialismo, oggi ci pensano i premi e i concorsi. E quelli a “voto popolare” non sono effettivamente attendibili per quanto riguarda il “nuovo talento”. Ancora da risolvere il grande problema del “dove va la Fotografia” e del “cosa è la fotografia”e per favore, risparmiateci le citazioni colte. C’è che oggi il vero fotometro che si usa per giudicare un fotografo sono i premi vinti, le mostre e le pubblicazioni, insieme alle collaborazioni e purtroppo, in quel grande e immenso girone infernale delle troppe manifestazioni paraculturali che mettono in mostra piccoli orrori e piccoli fotografi, anche quante conoscenze hai e quanti obiettivi hai. Soprattutto il costo complessivo dell’attrezzatura. Da “addetta ai lavori”, che mi riempe la bocca e mi fa morire di disagio, c’è un folto gruppo di Fotografi con la F maiuscola che lavorano molto e studiano di più, capaci anche con in mano una compatta con pochi MPXEL. La riflessione dovrebbe partire quindi dal cosa fa veramente un fotografo. La macchina, lo studio, o l’occhio? La giusta parte delle tre cose, mescolate al punto giusto? O la passione che fa riuscire in quello che si ama? Personalmente, sono rimasta affascinata da foto sfocate, da foto perfette, da fotografie antiche, stampate a mano da giovani che questo lavoro lo fanno ancora, con modestia e tanta tenacia. Sono entrata in contatto con persone che non hanno altro modo di esprimersi che lo scatto e quel rumore dell’otturatore è pura musica, da persone che la macchina fotografica è un tutt’uno col braccio, lo scatto è anche fermare la macchina in mezzo alla strada e fotografare gradini illuminati. La fotografia è per la sottoscritta condensare in poco quelle troppe parole, scritte in chilometriche righe confusionarie, che fanno parte di me, da sempre. Alle volte mi fa male, alle volte mi libera. Mi perdo nella storia, con l’ansia di non saperne mai abbastanza. Scelgo le foto di “pancia”, so che è il sistema giusto. E come me, molti. Che non sono noti ma che dovrebbero esserlo. Molti sono in quel concorso, molti, nonostante la bellezza dello scatto, sono finiti in un calderone di tramonti, mare, sole e spiaggia. E non ci si può fare nulla.

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