di Francesca Guerisoli - [email protected]
“Studi questo artista di cui sappiamo poco”. La frase, pronunciata da Argan nel ‘66, era rivolta all’allora studentessa Livia Velani, e si riferiva a Giacomo Balla (Torino, 1871 - Roma, 1958). Si avvicinano a passi sempre più grandi i festeggiamenti per il centenario del Futurismo e, la mostra “Boccioni. Pittore, scultore futurista” tenutasi lo scorso anno a Palazzo Reale, “Il futuro del futurismo” alla Gamec di Bergamo e ora “Balla. La modernità futurista”, curata da Giovanni Lista, Paolo Balducci e Livia Velani, ne costituiscono un’anteprima di tutto rispetto.
Giacomo Balla è ormai considerato una figura chiave nella storia dell’arte, artista che congiunge l’arte di fine Ottocento con l’avanguardia storica italiana. Il grande critico Renato Barilli lo colloca in una posizione di “fuori gruppo”, in quanto “nato a ridosso della generazione simbolista, ma abbastanza tardi per poterne far parte e nello stesso tempo troppo presto per inserirsi in modo spontaneo nella nuova generazione dei nati attorno al 1880″ (R. Barilli, L’arte contemporanea, Feltrinelli, Milano 1984). Balla infatti assimila il divisionismo di Previati, Segantini e Pellizza da Volpedo, ma a quarant’anni compiuti ha il coraggio di cambiare, di abbandonare la fama acquisita per gettarsi senza ripensamenti nella nuova avventura futurista a fianco dei più giovani Umberto Boccioni e Gino Severini. Attraverso le 200 opere esposte a Palazzo Reale, eseguite tra il 1900 ed il 1929, viene mostrato il percorso dell’artista dall’esperienza divisionista e di studio della fotografia (con eccezionali opere come l’intenso Ritratto della madre del 1901 e l’Autoritratto del 1902, figg. 1-2), alle sperimentazioni condotte insieme a Boccioni, i cui temi sono strettamente legati alla modernità: la velocità, la macchina, la vita urbana. Un uomo così intensamente assorbito dalla sue ricerche su luce e movimento che arriva persino a battezzare le proprie due figlie con i nomi di Luce ed Elica. E’ uno sperimentatore che lavora con gioia, nei cui lavori non mancano mai speranza e gioco. Se inizialmente lo studio sul movimento si concentra sui corpi che corrono in strada, successivamente passa a quelli in volo (Volo di rondini, 1913, fig. 3), fino agli elementi incorporei come il raggio luminoso. E giunge così all’astrazione totale, alla perdita di ogni riferimento figurativo (Forze di passaggio + cocomero, 1917-1918 e Pessimismo e ottimismo, 1923, figg. 7-8), superando proprio in questo le ricerche dei giovani compagni, nelle cui opere è sempre ravvisabile l’oggetto reale. Ed infatti, sebbene sia Boccioni il “capo” del futurismo in pittura, Michel Seuphor ha inserito Balla nel suo Dictionnaire de la Peinture abstraite come il solo futurista “che abbia rivelato fin dall’inizio le reali sorgenti dell’astrattismo bidimensionale” (da G. Lista, “Biografia”, cat. mostra), introducendo elementi che saranno sviluppati successivamente da Metafisica e Surrealismo. L’allestimento studiato per la mostra di Palazzo Reale è anticlassico, obliquo, molto teso, con le linee di forza dei dipinti e delle sculture direzionate le une contro le altre, in grado di suggerire un forte dinamismo allo scopo di predisporre alla comprensione delle opere dell’artista - afferma Paolo Baldacci. Esposte per nuclei tematici, si osservano le opere che Balla ha concepito con intento didattico, pensando all’arte come mezzo per educare le masse e come strumento di propaganda (anche di guerra), e le opere in cui conduce un’attenta e incessante analisi del movimento. Con Alberi mutilati (bozzetto del 1918), dove i rivoli di sangue dei tronchi appena falciati rappresentano gli amici morti in guerra (tra cui Boccioni), c’è l’arresto dei temi legati alla modernità, c’è il rifiuto, dovuto alla disillusione, del mondo meccanico e tecnologico, tanto acclamato dal futurismo, per una nuova lettura della natura, ma sempre in chiave dinamica. Nascono così opere come i cicli delle stagioni, con primavera, estate, autunno; l’astrazione di un iris, in cui riconducono al fiore unicamente i tipici colori che lo compongono, lilla e giallo; e le energie astrali. E, da ultima, un’opera, rimasta incompiuta, che rappresenta con dimensioni maestose Le mani del popolo italiano, commissionata dal ministro Bottai nel 1927. Completa l’esposizione il documentario su Balla, realizzato da Jack Clemente nel 1971. Vengono proiettate le immagini della casa di Via Oslavia, dei vestiti futuristi che Balla porta dal 1912 nella convinzione che l’azione futurista debba coinvolgere ogni oggetto della vita quotidiana (si ricordi la straordinaria cameretta futurista ideata per la casa romana, esposta recentemente nella mostra “Camera con vista” proprio a Palazzo Reale), e le due figlie, Luce ed Elica, che narrano aneddoti sul padre e sulla sua attività artistica. Sebbene manchino due importanti ed emblematiche opere, Lampada ad arco, del 1909, che segna il passaggio dal divisionismo al futurismo e Dinamismo di un cane al guinzaglio, del 1912, che testimonia le prime ricerche sul movimento condotte dall’artista, la mostra offre una panoramica esauriente e ben articolata della produzione di Giacomo Balla, affiancata da un ampio catalogo che ne approfondisce e ne riesamina l’opera. GIACOMO BALLA. La modernità futurista |fino al 2 giugno 2008 | Palazzo Reale - Piazza Duomo 12, Milano | Orari: lunedì 14.30-19.30; da martedì a domenica 9.30-19.30 ; giovedì 9.30-22.30 | Festività: aperto il 23 e 24 marzo, 25 aprile, 1° maggio, 2 giugno | Biglietti: intero € 9; studenti, tesserati TCI, over 60, bambini dai 6 ai 18 anni € 7; ridotto speciale gruppi studenti € 4,50; gratuito bambini fino a 5 anni, disabili con accompagnatore | Informazioni e prenotazioni: http://www.vivaticket.it/. Prenotazione gruppi e scuole: Charta 199.112.112; Ad Artem 02.6597728. Catalogo Skira. Con testi di Giovanni Lista, Paolo Baldacci, Ada Masoero, Livia Velani. Pp. 344 (ill.), € 49.