Corriere del Mezzogiorno, Tomaso Montanari - Finisce l’estate, e ricomincia il tran-tran abituale: riaprono le scuole, il traffico ritorna infernale, Pompei ricomicia a cadere. Tutto normale, forse noioso, in qualche modo rassicurante. L’unico problema è che tra qualche decennio potrebbe venir meno l’ultima notizia: Pompei non è infinita. In compenso, il patrimonio storico e artistico della nazione è abbastanza esteso da garantire ad alcune generazioni la possibilità di continuare a dibatterne, ad inserirne la difesa nei programmi elettorali, ad usarlo come pretesto per ottenere lauti finanziamenti in progetti europei del tutto inutili alla sua conservazione, ma invece davvero provvidenziali per foraggiare fameliche ed estese clientele. Del resto, il patrimonio in Italia è soprattutto questo: un pretesto. L’ultimo crollo pompeiano, per esempio, è stata un’ottima occasione per riabilitare Sandro Bondi. «Pompei crolla anche senza Bondi», hanno scritto in diversi: intendendo che la campagna di opinione che portò alle dimissioni dell’indimenticato ministro-poeta fosse una bieca manovra ideologica, un ultimo rigurgito antiberlusconiano prima dell’ecumenismo dell’era Monti. Lo confesso: allora scrissi che il forte pensatore di Fivizzano avrebbe dovuto alzare le terga dalla poltrona del Collegio Romano. D’altra parte, ora penso che dovrebbe fare altrettanto l’ineffabile sacrestano del neguelfismo che ne ha preso il posto. E non perché un ministro per i Beni culturali abbia il potere di fermare in pochi mesi il degrado di Pompei (o dell’intero patrimonio di cui quest’ultima è parte e metafora), ma perché Bondi o Ornaghi non solo non hanno nemmeno avviato il processo che quei crolli, invece, potrebbe davvero bloccare, ma anzi hanno sistematicamente contribuito ad approfondire, aggravare, consolidare quel degrado. «Pensieri, parole, opere, omissioni»: dei pensieri preferisco non sapere, le opere non ci sono. Ma nelle parole e soprattutto nelle omissioni degli ultimi ministri per i Beni culturali sono contenute tutte intere le cause dell’agonia di Pompei.