In uscita il nuovo numero di “Terzo Occhio” sull’architettura: un viaggio nella giungla dell’abitare contemporaneo tra schizofreniche velleità costruttive e innato senso di modernismo. «Mentre uno dei grattacieli di Rem Koolhas a Pechino bruciava, lo stesso architetto guru olandese dichiarava finita l’epoca delle archistar, accusando di protagonismo negativo tutti i suoi colleghi, da Zaha Hadid a Frank Gehry, a Liebeskind, a Sir Norman Foster. Bravo Koolhas a cercare di smarcarsi gettando la merda sugli altri…». Così Franco La Cecla, autore del controverso volume Contro l’architettura, apre il secondo numero del 2009 di “Terzo Occhio”, ricco di riflessioni e contributi su temi scottanti dell’arte del costruire. Mentre le nuove città hanno bisogno di progettare il futuro, anche alla luce della crisi economica, del contesto multietnico e dell’incremento demografico, il fallimento delle utopie moderniste ispirate al principio dell’unitè d’habitation di Le Corbusier è documentato dal degrado che si vive nelle periferie delle grandi città: emblematici i servizi-inchiesta di “Terzo Occhio” al quartiere Zen di Palermo - con intervista a Vittorio Gregotti -, a quello di Scampia a Napoli e al Corviale di Roma. E se i filosofi Massimo Cacciari ed Emanuele Severino, intervistati per l’occasione, ripercorrono le forme architettoniche del pensiero, da quelle classiche a quelle contemporanee, secondo il matematico e urbanista Nikos Salingaros le archistar non fanno altro che snaturare il tessuto urbano. Questi e altri nomi illustri del panorama nazionale e internazionale (Zygmunt Bauman, Gaetano Pesce, Marc Augé, Andrea Branzi, Bernard Tschumi, Stefano Boeri, Mario Botta, Manfredi Nicoletti, Massimiliano Fuksas e Paolo Portoghesi) hanno alimentato il dibattito sul ruolo di un’architettura che sempre meno riesce a rispondere alle esigenze della società contemporanea.