La Gazzetta di Bari, L. Nat. - Il business dell’arte rubata, trafugata dalle chiese della provincia, dalle cappelle di campagna, dai cimiteri, dalle masserie fortificate. Le «archeomafle» stanno mettendo le mani su un tesoro fatto di libri antichi, dipinti raffiguranti santi e madonne, arazzi, icone, sculture, crocifissi, calici, pissidi, acquasantiere, leggii, statue in legno, cartapesta e gesso. Stanno facendo razzia di pezzi antichi, a volte di scarso pregio artistico ma di grande valore storico e culturale che vengono poi smerciati nei mercatini d’antiquariato. La Procura di Bari sta indagano su un fenomeno che spaventa e allarma, a prescindere dai numeri che lo riassumo. Nel 2010, ad esempio, sono stati denunciati ai carabinieri del Nucleo Patrimonio Culturale di Bari quattordici furti sette dei quali ai danni di chiese (3 ai danni di enti privati e 4 di soggetti privati). Nel 2009 le razzie ai danni di edifici e strutture religiose erano state 6. uno in meno. Sembrano numeri piccoli ma dietro c’è dell’altro. Esiste un indice di occultamento, il cosiddetto «numero oscuro». Secondo alcune indagini campione (condotte da Istat e Swg di Trieste) il numero dei delitti denunciati è solo il 35,7% di quelli effettivamente commessi e subiti. Bari continua a essere nell’elenco delle province dove si denuncia un numero importante di reati, dove si registra una incidenza significativa di crimini predatori e dove esiste un tesoro composto da beni d’arte e manufatti di valore storico e di ispirazione religiosa mai inventariati, censiti, registrati, archiviati. In queste condizioni il saccheggiato di chiese, cimiteri, vecchie cappelle e antiche masserie spesso rimane nel silenzio più assoluto. Quindici i saccheggi accertati dai carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Bari nel corso dell’ultima inchiesta che ha permesso di smascherare una banda di predoni di antichità che ha le sue radici nei comuni di Rutigliano, Noicattaro, Triggiano, Capurso, Conversano, Valenzano, Mola, Polignano e Monopoli e colleganze i clan Parisi-Stramaglia e Di Cosola. Colleganze, frequentazioni, appoggi che presumono un coinvolgimento marginale e comunque occasionale delle famiglie di malavita. Si tratta però solo di una piccola fetta del business gestito dalle archeomafie. Il saccheggio continua e una nuova inchiesta ha messo i primi passi per fronteggiare un assalto continuo ai tesori baresi, agli oggetti chiesastici ad opera di mafiosi, trafficanti, collezionisti, tombaroli. Reperti e testimonianze del passato vengono sottratti al patrimonio comune in siti ed edifici troppo spesso incustoditi e magari poco valorizzati. Un patrimonio di storia e memoria collettiva alla mercé dei cosiddetti «tombaroli» della criminalità organizzata. Eppure, la cura e la tutela dei nostri beni artistici, storici e archeologici è fondamentale per la salvaguardia della nostra identità. Il sistema dal quale si ricava denaro - spiegano gli esperti - dalle ruberie di opere rubate è piuttosto articolato anche in relazione alla tipologia del bene sottratto e al valore artistico. I flussi del mercato illecito sono diversificati e molto spesso conducono in province diverse rispetto a quella dove il furto è stato consumato. I pezzi rari e di notevole valore, facilmente identificabili, una volta rubati vengono allontanati o nascosti, a volte per anni. Altrimenti vengono smerciati nei mercatini e nelle fiere dell’antiquariato che si svolgono periodicamente soprattutto in provincia di Lecce. Capita sempre più spesso, di incontrare professionisti, imprenditori e commercianti con il pallino di fare incetta di pezzi antichi di ispirazione religiosa, aggirarsi tra le bancarelle alla ricerca di pezzi antichi, meglio se unici, anche se non di grande valore artistico e con quotazioni record. MANCA UN ARCHIVIO Esiste un tesoro composto da reperti mai inventariati, censiti, registrati, archiviati