Ungherese di nascita ma italiana di adozione, Ghitta Carell è stata la ritrattista più ricercata soprattutto nell’Italia degli anni ‘30. La Fondazione Pastificio Cecere di Roma le dedica un’ampia retrospettiva, dal 18 aprile al 17 maggio, curata da Diego Mormorio. Esposte oltre 150 fotografie che restituiscono la testimonianza della storia di un’epoca attraverso i suoi protagonisti, dagli anni Trenta agli anni Cinquanta. Carell diviene famosa in Italia, dove giunge appena 25enne nel 1924, grazie alla foto di un bambino vestito da Balilla, scelta per un manifesto di propaganda. La foto tappezza i muri di tutta la nazione e da quel momento ha inizio l’ascesa verso la grande notorietà. La sua fama raggiunge facilmente la media borghesia, che comincia a considerare le fotografie di Ghitta Carell come una prova di affermazione sociale. La fotografa riesce a conquistare tutti quelli che contano, da Edda e Galeazzo Ciano a Benito Mussolini, da Alberto Savino a Pio XII e tutte le famiglie aristocratiche. Diceva di Mussolini: “Io l’ho conosciuto bene e l’ho osservato per giorni dietro la scrivania nella sala del Mappamondo. Era così vanitoso che potevo fare per ore quello che volevo”. Dopo la caduta del Fascismo e la guerra, resta in Italia e diventa amica di tutto il gotha democristiano, che posa davanti alla sua macchina fotografica. Nel ‘59 ottiene la cittadinanza italiana, ma qualche anno dopo si trasferisce ad Haifa in Israele, dove muore nel 1972 Fondazione Pastificio Cerere Via degli Ausoni, 7 - Roma