Si tratta de la ‘Decollazione del Battista’ di Marco Antonio Poggio e la ‘Madonna del Rosario’ di Francesco Ravaschio per l’ Oratorio Arciconfraternita Mortis et Orationis Dopo un delicato, laborioso e lungo restauro, sostenuto dalla Compagnia di San Paolo, ha fato ritorno presso la sede di appartenenza - l’Oratorio Mortis et Orationis di Sestri Ponente , la celebre cassa processionale, in legno policromo, raffigurante la Decollazione del Battista. Grazie al fondamentale interessamento del priore, Ernesto Roncallo, è stata avviata, in stretta collaborazione con l’Ufficio Beni Culturali dell’Arcidiocesi di Genova e la Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Liguria, la ricerca di uno sponsor illuminato disposto a sostenere i consistenti costi del restauro. L’intervento risultava non più prorogabile per il precario stato in cui versava il manufatto. Sponsor quindi è stato la Compagnia di San Paolo, che ha reso così possibile l’esecuzione delle operazioni, condotte dal laboratorio di restauro di Antonio Silvestri (Genova). Piazza Rosolino Pilo - Genova Sestri Ponente Oratorio Arciconfraternita Mortis et Orationis L’INTERVENTO DI RESTAURO L’attacco consistente di insetti xilofagi e il pericoloso distacco della pellicola pittorica, rialzata per il ritiro del supporto ligneo a causa di precedenti esposizioni dell’opera alla pioggia, ha visto il Laboratorio Silvestri in azione per un impeccabile intervento di consolidamento, disinfestazione, pulitura e integrazione. Occasione propizia per indagare ulteriormente l’articolata cassa, composta da dieci figure a grandezza naturale distribuite su una grande piattaforma gradinata e conclusa da una struttura architettonica sulla quale svetta la gloria angelica. La scena, infatti, avviene entro la prigione ove era rinchiuso il Battista in attesa del giudizio di Erode, per il quale furono decisive, nell’infliggere la morte al Precursore di Cristo, le avvenenti lusinghe di Salomè: quest’ultima, come una matrona d’alto rango, indica all’anziana ancella di tenersi pronta a raccogliere il capo del martire, mentre il Battista, elegantemente inginocchiato, è colto nell’attimo appena precedente la decapitazione, giacchè il terribile carnefice soprastante sta per sferrare il colpo mortale con la lunga spada affilata. Una macchina d’ingegneria, prima che un apparato artistico, dal momento che le modalità scultoree, emerse durante il restauro, rivelano capacità impeccabili nello scolpire il legno in un sol pezzo con il ricorso di pochissimi blocchi aggiuntivi per le parti più sporgenti delle figure, mentre la gloria angelica, in bilico arcuato sopra il Battista, è retta da un palo metallico di sostegno che si incardina al di sotto della piattaforma, percorrendo tutta la parete architettonica. Tra i pochi capolavori superstiti di un’era precedente all’avvento della stagione maraglianesca, l’arca sestrese, secondo le fonti storiografiche, fu scolpita da Marco Antonio Poggio, allevato nell’ambito della bottega primo seicentesca di Domenico e Giovanni Battista Bissoni. L’innovazione di Poggio, di cui scarseggiano le notizie biografiche e i dati archivistici - si suppone possa essere nato nel 1611 e defunto in Spagna in un momento precedente al 1674 -, fu il decisivo salto di qualità della statuaria lignea e processionale. Aggiornato probabilmente a Roma e a conoscenza delle novità applicate, in campo scultoreo, dai protagonisti della cultura artistica barocca, Alessandro Algardi e Gian Lorenzo Bernini, Poggio inaugurò, nei primissimi anni Sessanta del Seicento, un nuovo modo di scolpire, proprio agli esordi di quella stagione che vedrà a Genova l’approdo dello scultore marsigliese Pierre Puget, già attivo a Roma con Pietro da Cortona e Bernini, e gli esordi del giovane Filippo Parodi, anch’egli appena rientrato da una sessione quinquennale di studi romani. Elementi algardiani e berniniani si ritrovano nella composizione formale della cassa, consentendo l’ipotesi cronologica formulata nel bel catalogo pubblicato dalla Sagep che da conto del restauro. Accanto all’opera poggesca, una Madonna del Rosario, bellissimo simulacro attribuibile a Francesco Ravaschio (1743-1820) - più noto come scultore in marmo, ma dedito in gioventù anche al legno - esemplifica, nel solco della tradizione maraglianesca, il perdurare di canoni graditi, impermeabili all’avanzare della corrente neoclassica, di cui peraltro Ravaschio, insieme a Nicolò Traverso, fu uno dei maggiori protagonisti nella Genova di fine Settecento. Il restauro, eseguito sempre dal laboratorio Silvestri, ha consentito il recupero integrale di questo bel gruppo, databile agli anni Settanta del secolo e caratterizzato da una splendida policromia, sfavillante di foglia d’oro. Genova e i suoi oratori, teatri della più avvincente e coloratissima manifestazione devozionale, pullulavano di queste macchine teatrali itineranti, nei secoli disperse, distrutte o alienate in seguito alle leggi ottocentesche che produssero le soppressioni delle associazioni confraternali. Dunque i due gruppi processionali sono stati doppiamente salvati, dai confratelli e dall’attuale restauro. Restauri nell’Oratorio Mortis et Orationis Oratorio Arciconfraternita Mortis et Orationis Piazza Rosolino Pilo - Sestri Ponente