Nel centro di Roma, presso la Interazioni Art Gallery nell’elegante piazza Mattei, il giorno 12 settembre 2012 alle ore 19:00, sarà inaugurata la mostra “Vanitas” di Emiliano Manari a cura di Sarah Palermo. Un omaggio, una riflessione sul tempo e sull’estetica di un’immagine che si mostra davanti ai nostri occhi, una narrazione, questo è Vanitas di Emiliano Manari. Non solo uno sguardo trasversale alla storia dell’arte del contesto storico seicentesco, ma anche il racconto della caducità del tempo, della bellezza effimera della vita terrena, della sontuosità dei materiali e delle stoffe con cui amavano rappresentarsi i maggiori committenti della chiesa barocca di Roma. I lavori interpretano però anche la contemporaneità, dove il tema estetico della bellezza sembra aver travalicato la condizione di fugace transitoriètà, assurgendo a valore fondante di molte esistenze, ignorando il concetto proprio di Vanitas.
Nel passato le nature morte sono l’espediente estetico di riferimento, ma il ritratto è l’immagine primaria che narra allo spettatore la precarietà dell’esistenza. Grande compito è stato quello di San Girolamo che, traducendo l’Ecclesiaste, ha portato nel mondo latino il concetto di Vanitas come invito a vivere il presente nel migliore dei modi possibili, afferrando l’essenza assoluta che essa ci possa offrire. Una voce lenta e silenziosa è quella che accompagna il visitatore davanti alle opere di Manari che uniscono all’inclinazione magnetica degli sguardi femminili il tono accattivante dei broccati accuratamente cuciti dalla madre dell’autore, Franca De Paulis. Nell’immaginario della Vanitas del ventunesimo secolo il profilo dei volti di donne, di uomini e di miti moderni come Jim Morrison sostituiscono tavole imbandite, abbondanti di frutta e vivande che ben descrivevano l’iconografia naturalista del sei – settecento. L’atteggiamento filosofico si alterna a quello malinconico di Philippe de Champaigne, pittore francese del XVII secolo, a cui l’artista è particolarmente legato e cui dedica Vanitas, punta di diamante della collezione presentata, dove una rosa si sostituisce ad uno dei simboli della vita nella cultura olandese: il tulipano, metafora perfetta della clessidra e del teschio, allegorie del passare del tempo e della transitorietà del mondo terreno. Le manifestazioni di questa tipologia di composizioni sono espresse da elementi iconografici che raccontano il lessico della bellezza e della caducità della vita terrena perfettamente definite dai dettagli di fiori e frutta eccessivamente lucenti e maturi e da clessidre, teschi ed ossa che denunciano il concetto di memento mori, lo scorrere incessante del tempo prima della morte. L’evento espositivo desidera offrire una riflessione sulla vacuità della vita attuale insediata da elementi superficiali che distolgono dall’essenza della reale natura delle cose, le più pure che persistono nel tempo. Emiliano Manari è un architetto alla sua terza personale, vive e lavora a Roma.