Iperfocale/ Gabriele Schini

   
di L. Alessia Ricciardi.

-Shooting
 
• Fotografo con fotocamere a pellicola Canon ed utilizzo come obiettivi il 17-40 f=4 ,  il 24-70 f=2,8,  il 100 f=2,8  ed  il 70-200 f=2,8

  • Gabriele Schini fotografo tradizionale in 35mm. Perchè? Cosa critica del digitale?

    • Non critico nulla del digitale. E’ comodo, veloce, versatile ed economico. Trovo sia un mezzo d’espressione innovativo ed alternativo. Semplicemente ognuno sceglie quello a lui più congeniale. Io ho scelto la pellicola ed esclusivamente in bianco e nero. Il mio obiettivo è fare  di uno scatto  “un’opera” unica. Credo sia una scelta, quella della pellicola, più impegnativa. Questo implica una preparazione di base sul messaggio che si vuole trasmettere con quella foto. Significa aver ben chiaro in mente ciò che si vuole ottenere anche perché un errore è fatale… se si  sbaglia ahimè e tutto da buttare.
  • Rispetto ad altri fotografi nelle sue foto, oltre al corpo femminile, alla sua bellezza, vengono messi in evidenza alcuni dettagli che rimandano a piccole perversioni. Ad esempio la altocalciphilia con i tacchi alti, pose che richiamo il BDSM (la donna quasi gatta, un po’ schiava che lecca il latte), al feticismo. Non a caso c’è una galleria intitolata “Fetish”. Perchè questo taglio?
    C’è da leggerci dentro un riferimento al fatto che magari oggi le foto sono un po’ un “feticcio” della bellezza femminile?


• Sicuramente la fotografia ha sdoganato la bellezza femminile in tutte le sue forme. Così facendo il  limite dell’erotismo si è spostato verso nuove visioni e piccole perversioni. La mia donna non è schiava ma consapevole che l’erotismo non è un corpo nudo ma un atteggiamento complice con l’osservatore. Complicità che ottiene impiegando tutti i mezzi di cui il suo corpo è dotato. Posizioni BDSM, tacchi da esibire ed utilizzare esaltando il corpo nudo, abiti e lingerie che guardano al fetish, accessori che ne impreziosiscono la figura. Nel complesso solo eleganza, celebrazione delle potenzialità di un corpo femminile. Tutto senza cadere nell’ovvio o peggio nel volgare. Nel fetish, cosi come lo interpreto io, c’è la cura maniacale del particolare che deve attrarre l’attenzione incuriosendo chi osserva l’immagine.

- Spesso ci si lamenta dell’ossessione dei mass media verso il nudo, che il nudo oggi è spesso sbattuto in prima pagina. Lei, come si pone di fronte a questa polemica? 

• Non c’è polemica. Il nudo nella nostra epoca è parte della vita quotidiana e sarà sempre più così, quasi ad arrivare paradossalmente a considerare come immagine shock di copertina quella di  una ragazza vestita! E’ una provocazione, ovvio, ma con buona pace di tutti, bisogna capire che la comunicazione è cambiata e cercherà sempre nuovi orizzonti da esplorare.
-Tra un po’ le nostre edicole saranno sommerse da calendari con bellezze più o meno note, nude, calendari che una volta erano riservati a uomini non troppo colti e che oggi sono oggetti di culto. Lei ne ha mai fatto uno? secondo lei dove è il confine fra pornografia e arte?
•  No, non ne ho fatti. Diciamo che aspetto la proposta giusta.
Credo non esistano riferimenti precisi che delineino il confine tra l’arte e la pornografia. Ritengo dipenda dal buon gusto del singolo. Purtroppo sempre più spesso si vedono immagini pornografiche spacciate per arte e questo mi rattrista.
 

 – Ad oggi, possiamo dire, secondo lei, che il nudo in foto ha ancora una valenza artistica?

• Ci sono dei capolavori e degli obbrobri. Hanno tutti e due lo stesso tema: il nudo.
La differenza lo fa il modo in qui questo è affrontato e sviluppato. Lo stesso soggetto fotografato da due o più fotografi può diventare capolavoro / obbrobrio / pornografia.

 – Il mercato della fotografia è ancora di nicchia, nelle aste non ci sono aggiudicazioni rilevanti. In pochi ne apprezzano il valore, anche perchè il digitale ha permesso di replicare all’infinito una foto, cosa che non poteva avvenire con la pellicola. Si può vivere facendo il fotografo secondo lei? 

• Uno dei motivi che mi ha spinto a fotografare su pellicola e in bianco e nero è che se il committente vuole, quello scatto può rimanere UNICO e non replicabile all’infinito come nel digitale.
Sul fatto di poter vivere di fotografia, sono in tanti a farlo ma pochi a viverci bene e tantissimi a non farcela.

  • La fotografia è una “mania”, prende e modifica l’occhio e il rapporto con la realtà, èuna passione che spesso diventa anche un lavoro. Lei, cosa si aspetta? Come si vede nel futuro?
    • L’unica cosa che una persona come me può attendersi, e che cerca nel presente e nel futuro, è quella di essere riconoscibile dal proprio stile e grazie al proprio stile emergere.
    http://www.gabrieleschini.it/

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