Dopo un restauro durato diversi anni, riaperta al pubblico per la prima volta, grazie al contributo dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, la casa fiorentina in cui Giorgio Vasari ha vissuto gli ultimi anni della sua vita e vi è morto nel 1574. L’abitazione, di origine cinquecentesca, in Borgo Santa Croce, di proprietà di privati, ha subito nel tempo numerosi interventi, ma non è stata mai alterata la Sala Grande, l’unica rimasta oggi tra quelle affrescate dal maestro e dai suoi collaboratori e che ora è stata fatta restaurare. Un evento di grande rilevanza non solo per la comunità degli addetti ai lavori, che si colloca nell’anno in cui si celebra il quinto centenario della nascita dell’artista. La sala (di forma quadrata e di circa 55 metriquadrati) è ora visitabile grazie ad una convenzione di durata ventennale tra la proprietà e la Fondazione Horne diretta da Elisabetta Nardinocchi (nel ruolo di controllore e gestore degli accordi) dando così attuazione ad un progetto fortemente voluto dal celebre storico dell’arte Umberto Baldini. Il restauro è stato presentato alla stampa, nella sede del Museo Horne, dal presidente dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze Michele Gremigni, dalla Soprintendente per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze Cristina Acidini, dalla direttrice del Museo Horne Elisabetta Nardinocchi, dalla funzionaria della Soprintendenza Brunella Teodori, dai restauratori Guido Botticelli e Gioia Germani. L’abitazione Nel 1557 il granduca offriva in affitto a Giorgio Vasari una casa in borgo Santa Croce requisita nel 1548 a Niccolò Spinelli, per poi donarla definitivamente all’artista nel 1561 in segno di riconoscenza per i suoi servigi. A similitudine di quanto fatto nella sua residenza nella città natale di Arezzo, l’artista con i suoi collaboratori affrescò attorno al 1572 vari ambienti, tra i quali la Sala Grande, con raffigurazioni aventi come tema le arti e il primato della pittura, sotto forma di storie tratte dagli scritti di Plinio, immagini allegoriche, e ritratti di artisti. Per questi ultimi, avendo come riferimento le incisioni di corredo all’edizione delle Vite del 1568, Vasari sintetizzò la sua idea dell’arte scegliendo tredici artisti da lui stimati o per il ruolo avuto come precursori, o per gli alti livelli raggiunti nella propria opera, o perché determinanti nella sua formazione. Arricchita da una notevole collezioni di dipinti di suoi contemporanei, la casa rimase di proprietà della famiglia fino alla morte dell’ultimo discendente (1687), quindi, oltre alla dispersione delle opere d’arte qui conservate, conobbe varie trasformazioni che portarono ad alterare fortemente gli ambienti, risparmiando fortunatamente la Sala Grande. Il recupero di oggi restituisce un ambiente di grande bellezza e straordinario fascino così come fu concepito più di quattro secoli fa, e che già nel 1901 era stato dichiarato dalla Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti patrimonio artistico nazionale e che è stato sottoposto a vincolo architettonico nel 1933. Le pitture murali Nel 1554 Giorgio Vasari entrò al servizio di Cosimo I a Firenze, dopo il soggiorno romano e il rientro ad Arezzo, dove pochi anni prima aveva ultimato i lavori della sua prima abitazione. I numerosi incarichi per il duca, nonché il nuovo prestigioso status, gli imponevano una dimora a Firenze, che ebbe a disposizione nel 1557 in borgo Santa Croce, dapprima in affitto, poi dal 1561 gratuitamente per sé e per i suoi eredi come privilegio ducale. Nella casa fiorentina egli riprese ed ampliò i temi ed i soggetti cari alla sua poetica già presenti nella casa aretina ed il gusto per le “nobili pitture e sculture e marmi antichi” che l’avevano caratterizzata, secondo un programma iconografico, elaborato probabilmente con Vincenzo Borghini, che anche qui intendeva esaltare la Virtù dell’Artista trionfante sulla Fortuna e sull’Invidia, l’ideale discendenza dagli artisti dell’antichità resi immortali da Plinio, i grandi artisti che aveva già celebrato nelle Vite. Per le complesse vicende di dispersione del patrimonio e di permanenza a tutt’oggi della proprietà privata della casa fiorentina, vincolata dal 1933, rimangono ora solo alcuni frammenti pittorici in una corte a pian terreno e la Sala Grande o degli Artisti a testimoniarne la ricchezza decorativa. Le pitture murali furono eseguite dopo il 1570 (probabilmente intorno al 1572), come testimonia la presenza dello stemma Medici con la corona granducale conferita a Cosimo da papa Pio V in quell’anno, significativa testimonianza di omaggio al granduca e della funzione rappresentativa della casa. La dimensione privata e domestica è invece documentata dagli stemmi Vasari e Bacci (la moglie Niccolosa di Francesco Bacci con la quale visse un’unione lunga e felice, senza figli) e dal proprio busto, dipinti sopra al camino. La decorazione pittorica della sala simula un’architettura, a partire dal basamento dipinto con riquadri a finti marmi e mensoloni che richiamano le sue architetture reali, che include nella fascia centrale entro tendaggi aperti tre grandi scene figurate, separate da erme e intervallate da nicchie dipinte con figure allegoriche, sopra le quali corre un fregio con putti, festoni e cartigli, nei quali sono ritratti tredici grandi artisti. Il restauro Le pitture si presentavano in condizioni di conservazione e visibilità estremamente precarie. Si rilevavano molteplici fattori di degrado: depositi di fumo, polvere ed imbianchimenti superficiali che in alcuni casi offuscavano completamente il colore sottostante; crepe e lesioni degli intonaci dovuti ai movimenti strutturali dell’edificio; grossolane stuccature debordanti sulle superfici originali ed infine estese ridipinture eseguite nel corso dell’Ottocento. L’intervento di Gioia Botticelli e Guido Germani, sotto la direzione di Brunella Teodori della Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, si poneva quindi come assolutamente necessario, non solo per restituire piena leggibilità al ciclo, ma per mettere fine ad una situazione che poteva portare alla perdita definitiva dell’opera. E’ stato preceduto da un accurato programma interdisciplinare di investigazione diagnostica, condotto dal Progetto Finalizzato Beni Culturali del CNR fra il 2002 e il 2005 (con la direzione di Umberto Baldini e il coordinamento di Pietro A. Vigato) che ha permesso di approfondire la conoscenza della genesi della decorazione pittorica, di stabilirne la tecnica esecutiva e lo stato di conservazione e di mettere a punto il più appropriato intervento conservativo. Si è quindi operato il preconsolidamento della pellicola pittorica, poi è stata compiuta la pulitura e, infine, il consolidamento chimico strutturale delle superfici mediante applicazione di idrossido di bario ad impacco. Sono state inoltre sostituite tutte le antiche stuccature debordanti sulle superfici originali o comunque eseguite con materiali non idonei. Per l’intervento di integrazione pittorica è stato fatto ricorso alla selezione cromatica nelle piccole mancanze e nelle crepe e all’abbassamento, a velature neutre, nelle abrasioni e nelle sbucciature. Un po’ più complessa si è presentata l’integrazione del basamento ed è stato scelto di procedere con una integrazione imitativa delle zone mancanti e ad un ritocco pittorico nelle abrasioni delle zone superstiti tenuto su toni freddi. Di particolare soddisfazione il recupero dei ritratti di Leonardo e Michelangelo e dell’Allegoria della Poesia, quasi completamente illeggibili prima dell’intervento. L’illuminazione Per questo intervento, condotto dallo specialista Alessandro Martini, sono state utilizzati i Led che forniscono una buona visione degli interventi di restauro e una temperatura colore intermedia fra quella dell’epoca di esecuzione degli affreschi (candele e fiamme vive) e la luce naturale (quella media del sole nelle diverse ore del giorno) permettendo una corretta e fedele visione dei colori. Una sola fonte illuminante centrale alla stanza illumina gli affreschi in modo omogeneo e ben bilanciato concentrando su di essi l’ attenzione del visitatore. Apertura: Venerdì- Sabato- Domenica ore 10- ore 11- ore 12 Biglietto compresivo di visita guidata: Euro 6,00 Appuntamento presso il Museo Horne, Via dei Benci 6 - Firenze Per gruppi prenotazione obbligatoria. Aperture straordinarie su richiesta. Per informazioni: [email protected] tel 055-244661 - fax 055-2009252