Libero 22/3/2011, Mario Ursino* - Unità, si sono dimenticati la Gnam . La Galleria nazionale d’arte moderna è simbolo del Risorgimento, ma nessuno ne parla Nell’ambito delle enfatiche e numerose celebrazioni per i 150 anni dell’Unità non è apparsa alcuna notizia sulla stampa che abbia ricordato la nascita della Galleria Nazionale d’Arte Moderna Eppure non sarebbe stato difficile, solo se qualche cronista o storico dell’arte avesse per un attimo alzato lo sguardo sulla imponente facciata dell’edificio progettato dal valente architetto Cesare Bazzani (1873-1939). Si leggono infatti sui fastigi di questo complesso architettonico due date, 1861 e 1911, incise a numeri romani (al dire il vero un po’ sbiadite, ma non è una scusante). Basterebbe conoscere un minimo di storia per capire perché. Nel 1911, come è noto, si festeggiò a Roma il cinquantenario dell’Unità d’Italia con una grande esposizione internazionale delle arti nell’area di Valle Giulia (allora detta Vigna Cartoni), sino al neonato quartiere Prati, nella zona dell’attuale Piazza Mazzini (allora detta Piazza d’Armi). Grande avvenimento inaugurato dai Sovrani Vittorio Emanuele III e la Regina Elena. Fra i tanti padiglioni stranieri allestiti per la ricorrenza, l’unico ancora esistente è quello italiano, ovvero la Galleria Nazionale d’Arte Moderna, che quest’anno compie appunto i suoi cento anni, e di cui nessuno si è accorto, tanto meno il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dal quale detto museo dipende. Ma si deve capire, c’è la crisi, e l’attuale ministro si è dimesso e così pure il noto archeologo Andrea Carandini, che ha presieduto fino a pochi giorni fa il Consiglio Superiore dei Beni Culturali. Per cercare il significato del perché su uno dei due fastigi della facciata figura la data “1861″ non è sufficiente il semplice riferimento alla storica ricorrenza, ma coincide anche con l’anno in cui incomincia la formazione della raccolta che oggi si conserva nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna Dunque chi la ideò, chi la promosse, a chi venne l’idea di raccogliere opere d’arte moderne per conto dello Stato? Ebbene fu Guido Baccelli (1830-1916) la persona, l’artefice e il promotore di tale raccolta, un uomo straordinario, che giovanissimo tentò di arruolarsi nella 1 guerra d’indipendenza e di combattere l’anno successivo, nel 1849, al Gianicolo in difesa della Repubblica Romana. Divenne poi uno scienziato della medicina, uno statista, un grande tutore del patrimonio storico-artistico nazionale, e un sensibile percettore delle tendenze artistiche contemporanee italiane nella travagliata stagione risorgimentale; fu così che dalle varie scuole regionali della nostra penisola vennero invitati artisti ad espone le loro opere in mostre nazionali che furono tenute a partire proprio dal 1861 a Firenze. Da questa data fino verso la fine dell’Ottocento, ne seguirono altre nelle più importanti città italiane, e tra le ma ‘ori vanno ricordate: Parma, 1870; Milano, 1872; Napoli, 1877; Torino, 1880; Roma, 1883. Ecco, in tutte queste occasioni lo Stato, ovvero il Ministero della Pubblica Istruzione, stanziava delle somme per acquistare opere di artisti contemporanei, quali testimonianze della vitalità dell’arte italiana nel momento dell’epopea risorgimentale (molti artisti infatti erano al tempo stesso combattenti (gli Induno, i Cammarano, i Faruffini, i Pagliano, i Caffi ) e la recente bella mostra alle Scuderie del Quirinale lo ha dimostrato). Ma la Galleria Nazionale d’Arte Moderna ancora non esisteva. E il Baccelli dunque la ideò, prima giuridicamente con due regi decreti del 1881 e 1883, poi eleggendo quale sede permanente l’edificio del Bazzani realizzato, come si è detto, per l’Esposizione Internazionale del 1911. Eppure, di Guido Baccelli non si è ricordato nessuno in queste celebrazioni a sfondo prevalentemente mediatico con alto tasso di retorica. Ne è prova il fatto che il monumento stiloforo in sua memoria a Roma, sito in piazza Salerno dal 1930, a fare da spartitraffico su un’aiuola circolare (malmessa), realizzato dall’ottimo scultore Attilio Selva (1888-1970), è quasi del tutto sconosciuto per chi passa in quello snodo fra tre strade a rapido scorrimento, e versa in uno stato di completo abbandono: le tre erme in bronzo raffiguranti il volto del personaggio, e quello delle due effigi allegoriche rappresentanti la scienza e la cultura, i simboli professionali del Baccelli, grondano colature di verderame con evidenti segni di corrosione; le tre stele in pietra che le sorreggono mostrano iscrizioni illeggibili dove erano state incise le principali attività pubbliche dell’insigne scienziato, sia nel campo della medicina (dagli studi della patologia del cuore e dell’aorta a quelli dell’infezione malarica, nonché l’essere stato il promotore della fondazione del Policlinico “Umberto 1″), che in quello della tutela e del restauro del patrimonio storico-artistico italiano (dal ripristino del Pantheon agli scavi nel Foro Romano, per citare gli esempi più noti). Diverse volte ministro della Pubblica Istruzione tra il 1874 e il 1903, Guido Baccelli volle, come già detto, l’istituzione della Galleria Nazionale d’Arte Moderna, nella quale confluirono poi, a seguito della ricorrenza celebrativa del Cinquantenario dell’Unità, tutte le opere, acquistate successivamente nelle mostre nazionali e alle pri-me Biennali di Venezia dal 1895; quelle stesse opere che, negli anni precedenti, erano state utilizzate per arredare diversi uffici pubblici ministeriali. E’ per questa ragione che o si può con sicurezza affermare che il Risorgimento ha davvero giovato all’arte moderna italiana, grazie alla lungimiranza di questo illuminato statista, ingiustamente dimenticato, sia dalle istituzioni da lui presiedute che dal Comune di Roma, responsabile di quel monumento così degradato.
- Mario Ursino Vice Soprintendente Galleria Nazionale d’Arte Moderna